domingo, 2 de mayo de 2010

 

la città vecchia

camminando per queste strade, mi piacerebbe vederle per la prima volta, come straniera. ieri le viuzze vuote predomenicali del mercato di notte, con le finestre e le serrande chiuse, quasi aria di abbandono, persone in fila davanti al pakistano aperto, qualche cliente al vespasiano en plein air au coin de la rue...e guardo in alto, le finestre chiuse e i mattoni sporgenti, e mi sento a Genova, come l'ho vista io, di notte, per le calli del mercato deserte o quasi...sensazioni di una città che per quanto la si conosca sempre nasconde o conserva un pizzico di mistero, e aspetta solo che di volta in volta il tuo sguardo se ne renda conto..
la piazza, illuminata di notte, monumentale, cerca di confondersi tra le persone affollate per il concerto, ma io la vedo, enorme, coi suoi spazi quasi sereni e altezzosi, come se la gente fosse solo un incidente passeggero...di giorno è diverso, la piazza accoglie, ospita, vive, fa spuntare fiori di persone a macchie che si spalmano sulle sue pietre tendendosi al sole, o suonano, o ciarlano o cercano di imprigionarne immagini.
poi i giardini, circuito ciclabile ieri ai miei occhi, con profumo di ippocastani in fiore e biancospino e zucchero filato...persone come birilli da schivare a tempo di musica, bambini che saltano al mio ritmo senza saperlo danzando sui tappeti elastici, la gioia del parco pieno, dei go-kart e delle macchinine che corrono, del gruppo di ucraini che ballano felici e che fanno venir voglia di unirsi a loro...e spingo sui pedali e lascio scivolar la bici su in curva e poi in discesa in questo rondò..e ancora, saragozza e le cinta di collegio di spagna, che di mattina è Tours, la mia Tours, quella percorsa di notte o quando la città è ancora deserta, presto, e solo qualche vecchio o qualche lavoratore o sportivo si vedono in giro, ma neppure quelli spesso....la mia Tours, quella dei ciottoli che fanno rumore a passarci in bici, Tours della Cattedrale e dei profumi, con il cielo seminuvoloso e l'aria fresca, Tours senza tempo, che quasi ti sembra irreale, e senti tutti questi secoli che si lasciano vivere da te, in questa luce strana, per te che la pedali in bici come fossi quasi l'unica presenza umana e sperduta e accolta in tutta questa Storia..
ecco la mia città vecchia, mutevole e scostante come questo cielo di primavera, o forse sono io che muto con lei, che mi lascio cambiare dal vento che si incanala tra i suoi viottoli come una valanga d'acqua che riempie e ingrossa i torrenti...noi, sempre controvento tra questi argini di città-mare, città-porto, da cui spesso vogliamo partire ma che sempre sappiamo che ci richiama, ci raccoglie, come relitti nella risacca (reminiscenze Baudelairiane:"Les Épaves",http://fr.wikisource.org/wiki/Les_%C3%89paves_%28Baudelaire%29 )..e ci trasforma, ci rende coralli o perle o canne spezzate e poi ci rispazza via, chissà dove,nella corrente...

Comments:
ciao Mery, mi a piaciuto tantisimo
e un bello texto, scrivi bene
anche a me de volte Tours me risembra irreale e il ricordo s'enevade, ormai gli sentimenti renascono quando uno s'espressa col cuore comme tu hai fato
un bacio grande
 
mamma mia che bello il tuo saluto!!!mi mancate, tu e marta!ma che bella vita che state facendo!
vi abbraccio-e ti abbraccio- forte forte!!
mery
 
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AlLeVi

L'abbandono

Basta ricordare che siamo fatti di acqua calda, che siamo soffici, liquidi ed elastici. L’abbandono è uno stato difficile a cui non siamo più abituati, perché siamo ossessionati dal controllo a tutti costi dei particolari. L’abbandono invece è partecipazione alla pienezza, una forma di consapevolezza. Come dire: è così chiassosa la storia, nell’infinito silenzio universale, che è inutile aggiungere altro rumore. Dunque è un prendere atto di esistere, di possedere braccia, dita e talento non nostri, di essere in possesso di un’identità che ci è data, così come tutto in noi e attorno a noi ci è donato, ci avanza, trabocca le nostre aspettative: nulla ci appartiene. Allora ecco risvegliarsi in noi l’infantile stupore per ogni cosa, sempre nuova, sempre provvisoria. L’abbandono è una costante primavera, dove tutto continuamente nasce. Inizia dal respiro profondo, lento e sentito come la cosa momentaneamente più importante, come un movimento ampio e complesso, non più involontario, cui segue la perdita dell’espressione facciale, o meglio l’importanza che essa riveste per noi, e questo è davvero difficile: smettere di sentirci immagine esposta al giudizio degli altri, per tornare al valore della nostra unicità. ….
E’ vero, con l’abbandono si sperimenta un piccolo miracolo … il prodigio di lasciar vivere i fiori che ci circondano, di sentire di non aver più paura di nessuno, perché anche la nostra presenza è dono; il miracolo di essere vivi e leggeri.
"...Gli uomini sono soggetti alla Legge delle Tre Lancette. Coloro a cui manca la lancetta dei secondi non sanno mai godere un singolo attimo: essi pensano esclusivamente a ciò che è stato prima e a ciò che verrà dopo, non accorgendosi delle piccole gioie che li circondano. Ad alcuni manca invece la lancetta dei minuti: sono coloro che corrono all'impazzata, gareggiando contro gli attimi; gli stessi che poi di colpo si fermano, delusi di non aver trovato nulla, e lasciano che le ore scorrano una più inutile dell'altra. Ad un terzo gruppo manca invece la lancetta delle ore: essi vivono, si agitano, pianificando appuntamenti e progetti, non sapendo se è notte o giorno, mattina o sera, se sono felici o disperati;guardando la loro vita vedono solo un rotolare di anni pesanti e inarrestabili. L'uomo giusto ha tutte le lancette, più la suoneria quando è ora di svegliarsi..." Stefano Benni, ELIANTO