miércoles, 7 de diciembre de 2011

 

fantasmi

forse i fantasmi sono fatti per accompagnare un periodo della vita delle persone e poi dissolversi nel nulla, sparire. come se non fossero mai stati.
io però ne sento la mancanza.
mi mancano le notti a parlare di  niente, a condividere musica e poesia, a lasciarsi andare ai sogni...
forse era solo un momento, destinato ad essere tale. ma ogni tanto vorrei poter vivere ancora quella condivisione bella, semplice, fatua. sento che il mio presente ha perso un pezzo, e forse è proprio quello. forse cathy si è semplicemente addormentata, e io mi sento una persona peggiore, più grigia, forse più triste.
mi manca la parte bella di me, che magari riposa soltanto. ma spero si svegli presto. nel mentre, io la aspetto.

miércoles, 22 de diciembre de 2010

 

critical mass

mattina, tarda mattina. accendo la radio mentre faccio colazione, e sento di un ciclista 25enne investito a porta san donato, rimasto ucciso.
corro a vedere sui giornali on-line. c'è la notizia sul Leggo, sul Carlino, sul sito delle mamme fan di Marco Carta. quando cerco "ciclista ucciso  bologna 21 dicembre 2010" in google mi escon mille pagine sull'allenatore dell'Italia '82 morto. condoglianze, ma perchè? non era quello che cercavo.
tramite segnalazione di un'amica scopro la notizia su Repubblica Bologna.
Incredibile la sproporzione dell'informazione. La morte di un ciclista fa meno rumore di un super mega allenatore che ci ha fatto vincere i mondiali. Io quell'allenatore mica l'ho conosciuto, ma col traffico di Bologna ci lotto ogni giorno.
Coi SUV che ti fanno prepotenza e ti stringono apposta, con le macchine che si lamentano che le bici sono pericolose,ti mandano accidenti e improperi dal finestrino perché osi contestare la loro prepotenza, oppure manco ti vedono, ignorano la tua presenza, non sanno che anche tu ciclista hai diritto alla circolazione per strada, e loro ti devono rispetto, spazio, segnalazioni ai loro spostamenti.
Tante volte si rischia la vita per manovre azzardate di autisti distratti, che magari nel mentre fanno altre mille cose, e non vedono te che pedali. Frecce dimenticate quando si svolta, specchietti che non si controllano. e tu non esisti. portiere che si aprono all'ultimo momento, senza guardare.
Per non parlare della giungla delle rotonde.
io ci pedalo ogni giorno su queste strade, e ho paura. Mi tocca pregare, sperare che l'autista faccia caso a me, che mi veda, che rallenti, che non sia distratto. che guardi e controlli mentre si muove. Che non parcheggi agli imbocchi delle piste ciclabili, che non parcheggi SULLE piste ciclabili, che mi lasci lo spazio per passare, che non mi stringa, che non mi suoni o sfanali sennò mi spavento, che non mi sposti superandomi veloce (e quando son camion, bisogna rimanere ben saldi), che non mi tagli la strada.
Non mi fa strano sentire che c'è chi muore in bicicletta, ne sento il rischio ogni giorno.
Ma questo non crea l'assioma ANDARE IN BICI E' PERICOLOSO. Andare in bici è un DIRITTO, e devo avere il diritto, non la speranza, di essere rispettato. La macchina è un'arma pericolosa, me ne rendo conto le poche volte che guido. Ma spesso con l'abitudine ci si dimentica, e si vedono solo gli effetti, e li si interpretano come cause.
Non importa fare km di piste ciclabili nel nulla, oppure impraticabili, per dimostrarsi una città attenta e rispettosa dei ciclisti. Non serve chiudere qualche volta all'anno il centro alle macchine per fare la passeggiatina con la propria bici fiammante, magari insieme alla famiglia, e poi richiuderla in cantina perchè, figurati, è pericoloso, e poi si suda, e insomma non si può mica fare durante l'anno.
Bisognerebbe invertire questa visione distorta, bisognerebbe guardare a quelle città dove andare in bici è assolutamente normale, che ci sia pioggia o sole, dove le strade non sono impraticabili e piene di buche, dove il ciclista è rispettato, ed è NATURALE che lo sia.
http://www.youtube.com/watch?v=Oq3gIVGFTk4&feature=related
http://www.youtube.com/watch?v=EOkqTDdtlc4&feature=player_embedded

viernes, 10 de septiembre de 2010

 

settembre andiamo,è tempo di migrare...

e tra poco si riparte, stesso zaino minimale che si gonfia a sproposito come se avesse un doppio fondo, poche cose ficcate dentro, spesso sbagliate, qui il tempo cambia e non si sa mai bene come...
estate (sci)volata chissà come, e ho l'impressione di esser stata sempre in viaggio, seppure di vacanza fatta davvero ce n'è poca in attivo...
esame, andata e ritorno di papà dall'africa, piscina, nuovi sguardi più lucidi dei miei sulle cose, poi viaggio verso il centro-sud, tanto treno, fino a capistrello, poi musica e mannarino, splendido, e l'arzibanda, e ehsan che arriva a sorpresa..
e di nuovo salita a nord, sempre in treno, sempre più su, più su di bologna, verso rovereto, in un giorno solo...
una settimana in famiglia e di nuovo bologna, poi genova, che ci si arriva come incuneandosi, scoprendo la città che si insinua tra le montagne e fa spazio al mare, qualche giorno splendido nel labirinto di case e porti e giardini e anfratti e ascensori e scale che stupisce e sorprende, e rivedere finalmente annalisa...e le focacce, le farinate, e camogli al tramonto con frittura di pesce, e di nuovo treno, Emilia, tappa a Piacenza con Daris e macchina nuova, poi reggio emilia, poi festa dell'aglio a voghiera...
e inizia la mia vita da pendolare per lavoro, breve vita di lavoro pendolare a dire il vero, avanti e indietro per caorle, e la settimana di pausa qui a bologna, ovvio che mi ammalo..
e ottobre inizia lasciandoci con tanti punti interrogativi, tipo lavoro casa studio chissà
chissà se è già autunno o no
fiato e forze a sufficienza, speriamo
pronti a correre di nuovo, anche se non si sa bene dove..
e la speranza per quanto immotivata prosegue testarda


martes, 20 de julio de 2010

 

partenze, sogni, lavoro?

e finalmente vacanze, almeno sembra...
antropologia preparato di corsa, dato lo stesso giorno della partenza di papà, perchè qui se non abbiamo impegni accavallati mica ci divertiamo..
e poi organizzato compleanno roberto nonchè sua partenza, verso capistrello per l'arzibanda.. partenza preparata, passo passo, in questi giorni, settimane, avanti e indietro dal decathlon e da gaetano, della Clinica del Ciclo..
e mentre il baffo ciclista si sveglia alle 6 per pedalare, io sogno di muri infiltrati d'acqua e mosche che ronzano e ragazzine gattemorte e io che mi arrabbio...e giulietta sogna di vender borse dipinte... magari grazietta era la manager...mi sa che a bologna tira aria strana!!
e svegliandomi tardi, finalmente, mi sa che ne avevo bisogno!, giunge notizia dell'arrivo a pesaro del baffo ciclista, che si morde lingua scambiandola per il prosciutto del panino, e che sta bene, è in anticipo sulla sua tabella di marcia, carico come una molla, e così entusiasta che quasi oggi pomeriggio va in spiaggia...ahahahaha mammamia troppo pedalare fa male! :)
e così io aspetto venerdì, godendomi riposo e le cicale che cantano, pensando a genova e aspettando i racconti della traversata..

lunes, 5 de julio de 2010

 

inutile ansia

nervi tesi, ormai da giorni, tesi come pelle di tamburo su cui battere a pugni il tempo. il tempo, pieno, che si svuota, che scialaquo senza sapere bene in cosa, quando cerco di coglierlo, come sabbia in pugni chiusi, che se ne va lasciando mani inspiegabilmente vuote. gioco con le parole per cantare un possibile sospiro di sollievo, per esorcizzare l'ansia e riprendere la normalità, se mai ci sia stata.
vomito negatività per dirmi che è passata,per sentirmi di nuovo leggera, fresca, per riderci ancora su, di nuovo.

domingo, 4 de julio de 2010

 

divagando canicolarmente

so che non mi legge più nessuno. scrivevo solo per me, dicevo-e così credevo. e col tempo invece ho scoperto che era dialogo e confronto che cercavo, anche in queste parole accampate, e male, a mo' di scusa o spiegazione, l'una sull'altra, come a rappresentarmi e a condividermi con chi è distante.
nessuna pretesa di filosofia, poca di introspezione.
scrivevo e mi sentivo libera di scrivere, uno spazio mio.
poi mi son sentita osservata, spiata da qui, da voci che non si segnalano, ma diventano reali...e mi ci sono distaccata, stando attenta a quanto di me mettevo in gioco qui. e ho smesso di divertirmi, a scrivere. ho praticamente smesso, di scrivere.
poco fa leggo parole di altri, probabilmente spio, anch'io, ma senza cattiveria. curiosità di capire.
e mi ritrovo di fronte a una valanga si sentimenti, ben scritti, ma boh. mi lascia perplessa questo mettersi a nudo, questo scoprirsi. penso che ci son momenti in cui ne si sente il bisogno, e non si riesce a farlo in altro modo.
viscerale necessità di condivisione. la capisco, questa. ce l'ho avuta anch'io. e l'apertura totale è spesso data dalla voglia che il messaggio arrivi ad un'apertura specifica, individuale, personale. scrivi a tutti perchè Uno ti legga. io scrivevo per marta e per lorena, e per chiunque fosse curioso, tra i pochi che sapevano del mio blog, di sapere cosa pensavo, come vivevo, cosa mi faceva triste o felice.
la vita vissuta continua e cambia così tanto, che perdo il filo della scrittura: quel che voglio scrivere passa dall'essere attuale, e va bene così, in fondo.
potrei parlare di quanto sia caldo, oppure di quanto sia splendida mia mamma, o delle vicende del b&b domestico. ma non mi viene. preferisco leggere e vivere, e assaporare la mia vita. e osservare quelle degli altri, e stimarli per quanto riescano a raccontarsi, e lasciarsi cullare dalle loro storie, presenti passate e future immaginate, come le imprese epiche e cavalleresche per i bambini di un tempo..
che ogni frammento di vita possa essere un racconto
che stupisce e incanta
e io, golosa, aspetto, ameba sociale, pendendo dalle labbra degli altri!
(e che questa sia verità o finzione? ai non-lettori l'ardua sentenza!)

 

estate

si gocciola dal caldo, si cerca diplomazia, si cucina. si guardano, certo, i mondiali!
ci si prova ad organizzare, si cercano lavori, si trovano, saltano, ci si prova a riprogrammare con la speranza e la voglia di rimanere in piedi. ci si irrita e spazientisce. si mangia meno. ci si prepara al prossimo ospite. si aspettano bimbi nuovi che dovrebbero nascere a giorni. si pensa a nuove idee, a nuovi studi e confronti, come: studiare il linguaggio dei telecronisti delle partite alle diverse latitudini, confrontarli, vedere come una parlata tipica di un 'settore' cambia a seconda delle lingue e dei Paesi...
e..si guida, un po', ridendo...si pensano viaggi, si sognano soldi e vacanze. si cerca di preparar esami!

viernes, 11 de junio de 2010

 

lottando contro

tenaci. e furbe. costruiscono una base resinosa, uno zoccolo duro su cui ripartire, anche se tu butti giù il nido. ritrovano la postazione e riprendono, aumentando i punti solidi di partenza. e io son fottuta. vespe che mi ronzano fuori dalla finestra, nido buttato giù ieri notte. ovviamente non son riuscita a toglier quella resina del cavolo ed ora eccole là. di nuovo, più preparate, indomite.
e mi sa che ci litigherò tutta estate. pensavo di esser cocciuta, ma mi sa che loro vincono. e che palle! e ora preparo valigie, mi preparo per l'ultimo matrimonio, milano, e boh saranno i brutti sogni della notte. ma in questa lotta aerea per il territorio mi sento io il sisifo,il perdente.

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AlLeVi

L'abbandono

Basta ricordare che siamo fatti di acqua calda, che siamo soffici, liquidi ed elastici. L’abbandono è uno stato difficile a cui non siamo più abituati, perché siamo ossessionati dal controllo a tutti costi dei particolari. L’abbandono invece è partecipazione alla pienezza, una forma di consapevolezza. Come dire: è così chiassosa la storia, nell’infinito silenzio universale, che è inutile aggiungere altro rumore. Dunque è un prendere atto di esistere, di possedere braccia, dita e talento non nostri, di essere in possesso di un’identità che ci è data, così come tutto in noi e attorno a noi ci è donato, ci avanza, trabocca le nostre aspettative: nulla ci appartiene. Allora ecco risvegliarsi in noi l’infantile stupore per ogni cosa, sempre nuova, sempre provvisoria. L’abbandono è una costante primavera, dove tutto continuamente nasce. Inizia dal respiro profondo, lento e sentito come la cosa momentaneamente più importante, come un movimento ampio e complesso, non più involontario, cui segue la perdita dell’espressione facciale, o meglio l’importanza che essa riveste per noi, e questo è davvero difficile: smettere di sentirci immagine esposta al giudizio degli altri, per tornare al valore della nostra unicità. ….
E’ vero, con l’abbandono si sperimenta un piccolo miracolo … il prodigio di lasciar vivere i fiori che ci circondano, di sentire di non aver più paura di nessuno, perché anche la nostra presenza è dono; il miracolo di essere vivi e leggeri.
"...Gli uomini sono soggetti alla Legge delle Tre Lancette. Coloro a cui manca la lancetta dei secondi non sanno mai godere un singolo attimo: essi pensano esclusivamente a ciò che è stato prima e a ciò che verrà dopo, non accorgendosi delle piccole gioie che li circondano. Ad alcuni manca invece la lancetta dei minuti: sono coloro che corrono all'impazzata, gareggiando contro gli attimi; gli stessi che poi di colpo si fermano, delusi di non aver trovato nulla, e lasciano che le ore scorrano una più inutile dell'altra. Ad un terzo gruppo manca invece la lancetta delle ore: essi vivono, si agitano, pianificando appuntamenti e progetti, non sapendo se è notte o giorno, mattina o sera, se sono felici o disperati;guardando la loro vita vedono solo un rotolare di anni pesanti e inarrestabili. L'uomo giusto ha tutte le lancette, più la suoneria quando è ora di svegliarsi..." Stefano Benni, ELIANTO