miércoles, 3 de marzo de 2010

 

precarietà

Questo scrivevo solo qualche ora fa, preoccupata, stanca, bagnata di pioggia, grigia..
poi bastano due chiacchiere con chi, seppur lontano, ha sempre condiviso e compreso a fondo quel che sento, perchè bene o male parte di un vissuto comune, anche se i luoghi son diversi.. Grazie Lisa, per i pensieri e le ansie messe in comune che aiutano a sentirsi più positive, meno sole in questo barcamenarsi faticoso, nel cercare di stare in piedi, forti e col sorriso! E i problemi sembrano un po' più affrontabili quando so che non sono solo i miei, e viene la voglia di darsi da fare per vedere e far vedere che vale sempre la pena lottare per quello in cui si crede, per poter dare e darsi un briciolo di speranza e sorriso in più!

 sarà questa nebbia, o la pioggia che fa spiovere anche me, chi lo sa...mi sento dispersa. cammino sui vetri cercando di non fare danni e ovviamente lo faccio, peggioro le cose e sbriciolo i pezzi già piccoli, e mi faccio male..come confusa, come vivendo in dormiveglia o in una corsa caotica alla ricerca di un po' di respiro. ma quest'inquietudine non mi lascia. sarà che questo semestre è iniziato in ritardo per me, causa febbre, e mi sembra di restare indietro..sarà che le date-limite che aspettavo anche per mettermi alla prova sono sfumate e così pure il cambiamento, che spaventa si, ma che stavo cercando di addomesticare, di conoscerlo e farlo mio, utilizzarlo come punto di svolta..è scivolato via, perso tra i giorni..
forse un mese fa speravo proprio questo -anzi, magari con qualche possibilità di miglioramento qui-, ma ora è fatica riabituarsi alla svolta mancata, o che probabilmente mancherà, o chissà...quest'indeterminatezza, questa nebbia umida mi penetra nelle ossa e mi rende nervosa, essere sospesi nell'attesa di non si sa bene cosa, nell'attesa di definizione che non arriva, e non ci sto male solo io...
io che ho sempre giocato sul vago...il mio corpo inizia a sentire il bisogno di contorni, chiari e netti, per potere aver la percezione di sé e degli altri, e come rapportarsi, e su cosa poter puntare, cosa si può sceglier come meta, capire quali siano i sogni realizzabili e a quali é invece meglio rinunciare..
e poche parole mi inalberano, come uccello che, non potendo volare causa nebbia, si lega a quel che di solido ha, si fa casa con esso, cerca di sentirne il calore e la protezione, per quanto provvisorio sia..
cerco di legarmi a quel che sento concreto e reale, perchè questa nebbia mi spaventa, mi fa urlare l'esigenza di chiaro e luce, mi attorciglia lo stomaco, e forse la svolta sta proprio qui, riuscire a respirare in questo indefinito e uscirne forte, coi contorni più netti... riuscire a calmare e districare le budella che si attorcinano dalla paura che i contorni si dissolvano, che questo disegno che si sta creando venga soffiato via dal vento, come sabbia, o stemperato dalla pioggia, fino a scomparire...
mi sento precaria, e ho paura. anche paura che la svolta arrivi, e mi lasci col culo a terra, con tutto da ricostruire.
se così fosse si ricostruirà, non mi arrendo certo, ma che palle!
sono un po' stanca di aver paura.
in ogni caso, comunque, vada, ne è valsa la pena: ogni momento.
Che venga il sole!presto!

Comments:
Cosa succede, Mery??
qui anche tanta pioggia, voglia di sole e di primavera, cosí proprio non si può!
stammi bene!
un bacione!
 
??
 
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AlLeVi

L'abbandono

Basta ricordare che siamo fatti di acqua calda, che siamo soffici, liquidi ed elastici. L’abbandono è uno stato difficile a cui non siamo più abituati, perché siamo ossessionati dal controllo a tutti costi dei particolari. L’abbandono invece è partecipazione alla pienezza, una forma di consapevolezza. Come dire: è così chiassosa la storia, nell’infinito silenzio universale, che è inutile aggiungere altro rumore. Dunque è un prendere atto di esistere, di possedere braccia, dita e talento non nostri, di essere in possesso di un’identità che ci è data, così come tutto in noi e attorno a noi ci è donato, ci avanza, trabocca le nostre aspettative: nulla ci appartiene. Allora ecco risvegliarsi in noi l’infantile stupore per ogni cosa, sempre nuova, sempre provvisoria. L’abbandono è una costante primavera, dove tutto continuamente nasce. Inizia dal respiro profondo, lento e sentito come la cosa momentaneamente più importante, come un movimento ampio e complesso, non più involontario, cui segue la perdita dell’espressione facciale, o meglio l’importanza che essa riveste per noi, e questo è davvero difficile: smettere di sentirci immagine esposta al giudizio degli altri, per tornare al valore della nostra unicità. ….
E’ vero, con l’abbandono si sperimenta un piccolo miracolo … il prodigio di lasciar vivere i fiori che ci circondano, di sentire di non aver più paura di nessuno, perché anche la nostra presenza è dono; il miracolo di essere vivi e leggeri.
"...Gli uomini sono soggetti alla Legge delle Tre Lancette. Coloro a cui manca la lancetta dei secondi non sanno mai godere un singolo attimo: essi pensano esclusivamente a ciò che è stato prima e a ciò che verrà dopo, non accorgendosi delle piccole gioie che li circondano. Ad alcuni manca invece la lancetta dei minuti: sono coloro che corrono all'impazzata, gareggiando contro gli attimi; gli stessi che poi di colpo si fermano, delusi di non aver trovato nulla, e lasciano che le ore scorrano una più inutile dell'altra. Ad un terzo gruppo manca invece la lancetta delle ore: essi vivono, si agitano, pianificando appuntamenti e progetti, non sapendo se è notte o giorno, mattina o sera, se sono felici o disperati;guardando la loro vita vedono solo un rotolare di anni pesanti e inarrestabili. L'uomo giusto ha tutte le lancette, più la suoneria quando è ora di svegliarsi..." Stefano Benni, ELIANTO