sábado, 1 de noviembre de 2008

 

DA SOLO

Vinicio Capossela presentava oggi il suo nuovo album, DA SOLO... e raccontava che il passato, per quanto fatto di nostalgia, o in ogni sua forma, è un bagaglio che ci portiamo dentro, dietro, per costruire il presente...come una locomotiva....non si lascia indietro niente, non si abbandonano le esperienze, ma diventano parte di questo treno in corsa..parti indispensabili per il presente, felici o dolorose, PARTE DI QUEL CHE SEI...lui l'ha detto molto meglio a Mollica, ma non ho avuto il tempismo di prender giù le sue parole esatte...

vi lascio il testo di un'altra sua intervista..

E’ forse atto di protesta contro la sparizione dell’inverno“.
“DA SOLO” è nato in poche settimane, nella solitudine della casa con vista sulla stazione centrale. Arrivava quasi l’inverno e accanto al pianoforte restavano alcuni taccuini neri e quaderni a righe di scuola pieni di appunti. C’erano sopra un po’ di conti da regolare, questioni personali, perché questo, a differenza degli ultimi Musica: Vinicio Capossela “DA SOLO”, il nuovo album da fantasticarelavori, non è un disco mitologico o di fantasia, o di storia, geografia e scienze. Non c’è l’America leggendaria del West, ma quella desolata di oggi. Ci
sono questioni di carattere, ad esempio mettere a fuoco quanto si è stati incapaci di essere sinceri,quanto ci si sia sempre portetti dietro alle ombre e quanto si abbia brancolato tra esse nel cercare l’altro, più per desiderio muto che per consapevolezza. Ma non è un disco malinconico, da poterci costruire sopra. C’è una visione fatta di consapevolezza e di epica.

E poi i diversi temi personali, come per esempio quello della clandestinità, questa tendenza a nascondere la propria vera natura e a doversela svignare per essere, per iniziare ad affrontare quel cammino. E anche i fuochi della gioventù ci sono ancora prossimi, da sentirne il calore. C’è l’amore, quello amorevole, che quando è perso lascia orfani, e la strada nuda dallo sguardo e si può affidare solo al paradiso dei calzini, per avere qualche possibilità di ritrovarlo.

Oppure si può sperare di incontrare il gigante e il mago, un genere di miracolo che può accadere solo quando si rimane da solo, appunto, e in una volta e in una stanza, si è diventati grandi… le creature che hai dentro fin da piccolo, e che la strada a volte ti regala se sei pronto per l’incanto. Creature che camminano nel buio e cercano di tenere accesa dentro la fiammella della loro innocenza e della loro umanità, tra apparizioni disumane.

E c’è anche un modo di omaggiare il buon umore invincibile, le camicie col taschino da tabacchino, il fischietto di Vincenzino Cinaski, i quattro passi nel quartiere in una giornata di sole trovata da solo, in modo da non dovere ringraziare nessuno, se non il sole stesso… fischiettare alle ragazze e però rimanersene al tavolo seduto, non inseguire niente né botole né imbuto… diventare grandi portando con sé tutto il piccolo, tutto il sogno, e tutto il salvabile insomma.

Tutto questo è da fantasticare.

dove vanno a finire i calzini…nel paradiso dei calzini si ritrovano tutti vicini
Chi di noi non aveva un paio di calzini che sono rimasti spaiati, e di cui non si riesce più a trovare il compagno perduto…? (questaè una metafora , più o meno quella della mezza mela, ma a me piace di più...nota di mery)

Comments:
mais je ne comprends pas si ça c'est une histoire que tu as inventé...
:(
ou c'est da solo qui l'a fait?

Ló confusa
 
lore, es una recension de su ultimo cd que se llama 'DA SOLO'...^^
 
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AlLeVi

L'abbandono

Basta ricordare che siamo fatti di acqua calda, che siamo soffici, liquidi ed elastici. L’abbandono è uno stato difficile a cui non siamo più abituati, perché siamo ossessionati dal controllo a tutti costi dei particolari. L’abbandono invece è partecipazione alla pienezza, una forma di consapevolezza. Come dire: è così chiassosa la storia, nell’infinito silenzio universale, che è inutile aggiungere altro rumore. Dunque è un prendere atto di esistere, di possedere braccia, dita e talento non nostri, di essere in possesso di un’identità che ci è data, così come tutto in noi e attorno a noi ci è donato, ci avanza, trabocca le nostre aspettative: nulla ci appartiene. Allora ecco risvegliarsi in noi l’infantile stupore per ogni cosa, sempre nuova, sempre provvisoria. L’abbandono è una costante primavera, dove tutto continuamente nasce. Inizia dal respiro profondo, lento e sentito come la cosa momentaneamente più importante, come un movimento ampio e complesso, non più involontario, cui segue la perdita dell’espressione facciale, o meglio l’importanza che essa riveste per noi, e questo è davvero difficile: smettere di sentirci immagine esposta al giudizio degli altri, per tornare al valore della nostra unicità. ….
E’ vero, con l’abbandono si sperimenta un piccolo miracolo … il prodigio di lasciar vivere i fiori che ci circondano, di sentire di non aver più paura di nessuno, perché anche la nostra presenza è dono; il miracolo di essere vivi e leggeri.
"...Gli uomini sono soggetti alla Legge delle Tre Lancette. Coloro a cui manca la lancetta dei secondi non sanno mai godere un singolo attimo: essi pensano esclusivamente a ciò che è stato prima e a ciò che verrà dopo, non accorgendosi delle piccole gioie che li circondano. Ad alcuni manca invece la lancetta dei minuti: sono coloro che corrono all'impazzata, gareggiando contro gli attimi; gli stessi che poi di colpo si fermano, delusi di non aver trovato nulla, e lasciano che le ore scorrano una più inutile dell'altra. Ad un terzo gruppo manca invece la lancetta delle ore: essi vivono, si agitano, pianificando appuntamenti e progetti, non sapendo se è notte o giorno, mattina o sera, se sono felici o disperati;guardando la loro vita vedono solo un rotolare di anni pesanti e inarrestabili. L'uomo giusto ha tutte le lancette, più la suoneria quando è ora di svegliarsi..." Stefano Benni, ELIANTO