sábado, 30 de diciembre de 2006

 
aspetta sempre la notte per scrivere…sarà il silenzio che è più forte e rilassa, sarà che la ninnananna del respiro dell’umanità russante lo culla, rassicura…sarà che la luce delle stelle rischiara più delicata di quella del giorno, fa meno paura…
sarà che la notte la sente sua…
si mette come trascinato da un sogno…
inizia la penna a scorrere e lui non sa neppure dove, che filo seguirà…ma la segue, e corre per starle dietro…e quasi si infastidisce con la mano che non ci riesce, colpa della cacografia, sarà, ma pure quella è un’arte…
scrive e le parole prendon vita e si prendono pure un po’ gioco di lui…si rincorrono, strizzano l’occhio ai Grandi coi quali il poveretto non avrebbe alcuna voglia di confrontarsi, poi si nascondono dietro nenie per bambini..
ma la penna dopo quest’idillio si ferma. Di sua volontà, si corica al foglio…o cade al pavimento…o si infila tra orecchio e testa del malcapitato che non sa davvero che sta succedendo…vuole prender fiato, il racconto richiede i suoi tempi…speriamo solo che stavolta non succeda come quella prima:giorni di attesa vuota e fastidiosa poi lì, di giorno, DI GIORNOOO!!proprio in coda per pagare il pedaggio…tutti han continuato a suonargli per l’intero tragitto..
non c’è misura, non c’è rimedio…qualcuno la chiama arte, altri vocazione, lui…lui non ne sa nulla, vorrebbe semplicemente avere una vita normale..a volte gli viene il serio dubbio di essere schizofrenico..
perché non si rende conto di quel che ha scritto finché non lo legge…e a quel punto vorrebbe con tutto il cuore che quelle parole non fossero mai uscite dalla sua testa…
perché si, hanno indiscutibilmente un loro fascino….ma sono uscite, scappate via!sembrano diverse, un po’ fredde e vuote fuori dal loro mondo,. Dal loro ambiente creatore…come un sasso fuori dall’acqua, che si ingrigisce e non brilla più…o come i falchi impagliati..
lui ne è un po’ geloso, ma loro scorrono, ed è così piacevole in fondo farle uscire così come vogliono…
ci si sente un po’ migliori, un po’ potenti, come forse può sentirsi un pittore un vasaio un bimbo col pongo…
ma poi la candela brucia e bisogna ammettere-e qui scatta un sorriso un po’ ironico, divertito in fondo!-che di volontario e cosciente c’è ben poco..che noi siamo come quei padroni piccoletti di cani maestosi e giganteschi, si di quei cavalli alla sansone, che ci trascinano dove voglion loro…
ma che ci fan divertire –sotto sotto, però, perché all’aria aperta non l’ammetteremmo mai!-beh che ci fan divertire come dei matti!

Un po’ come le povere anime di dante che il vento ‘di qua, di là, di su di giù li mena..’..

Canto a te, poeta, a te scrittore….come ti invidio nella tua soffitta a cielo aperto, un po’ bohèmienne, un po’ aristogatti, a guardar le stelle da un tavolino di legno, cioè uno scrittoio, pennino calamaio e carta…con la tua pipa per riflettere, vecchio sherlock holmes degli intrecci, anche tu orfano di qualcosa, sarà la realtà obiettiva di un watson che ti svelerà la soluzione più semplice e immediata con la luce del giorno…
Penso a te, e ti immagino come il padrone di pongo, immerso nelle tue idee mentre ti sporchi le dita di inchiostro senza neppure accorgertene e da lontano
Un treno passa un bimbo piange un pianoforte suona
O forse era un contrabbasso
E la penna cade.

Qualcuno forse sta facendo l’amore
E ti chiedi se non sia tempo sprecato il tuo…
Che tanto tanto parli e poco agisci…

Comments:
c'est à toi? uau! ce jour-lá tu avais tourvé ta muse.
Mi piace tantissimo.
 
Publicar un comentario



<< Home

This page is powered by Blogger. Isn't yours?

AlLeVi

L'abbandono

Basta ricordare che siamo fatti di acqua calda, che siamo soffici, liquidi ed elastici. L’abbandono è uno stato difficile a cui non siamo più abituati, perché siamo ossessionati dal controllo a tutti costi dei particolari. L’abbandono invece è partecipazione alla pienezza, una forma di consapevolezza. Come dire: è così chiassosa la storia, nell’infinito silenzio universale, che è inutile aggiungere altro rumore. Dunque è un prendere atto di esistere, di possedere braccia, dita e talento non nostri, di essere in possesso di un’identità che ci è data, così come tutto in noi e attorno a noi ci è donato, ci avanza, trabocca le nostre aspettative: nulla ci appartiene. Allora ecco risvegliarsi in noi l’infantile stupore per ogni cosa, sempre nuova, sempre provvisoria. L’abbandono è una costante primavera, dove tutto continuamente nasce. Inizia dal respiro profondo, lento e sentito come la cosa momentaneamente più importante, come un movimento ampio e complesso, non più involontario, cui segue la perdita dell’espressione facciale, o meglio l’importanza che essa riveste per noi, e questo è davvero difficile: smettere di sentirci immagine esposta al giudizio degli altri, per tornare al valore della nostra unicità. ….
E’ vero, con l’abbandono si sperimenta un piccolo miracolo … il prodigio di lasciar vivere i fiori che ci circondano, di sentire di non aver più paura di nessuno, perché anche la nostra presenza è dono; il miracolo di essere vivi e leggeri.
"...Gli uomini sono soggetti alla Legge delle Tre Lancette. Coloro a cui manca la lancetta dei secondi non sanno mai godere un singolo attimo: essi pensano esclusivamente a ciò che è stato prima e a ciò che verrà dopo, non accorgendosi delle piccole gioie che li circondano. Ad alcuni manca invece la lancetta dei minuti: sono coloro che corrono all'impazzata, gareggiando contro gli attimi; gli stessi che poi di colpo si fermano, delusi di non aver trovato nulla, e lasciano che le ore scorrano una più inutile dell'altra. Ad un terzo gruppo manca invece la lancetta delle ore: essi vivono, si agitano, pianificando appuntamenti e progetti, non sapendo se è notte o giorno, mattina o sera, se sono felici o disperati;guardando la loro vita vedono solo un rotolare di anni pesanti e inarrestabili. L'uomo giusto ha tutte le lancette, più la suoneria quando è ora di svegliarsi..." Stefano Benni, ELIANTO